Fa discutere l'ultima installazione pubblica di Gaetano Pesce. Tante le critiche rivolte alla sua forma fallica. I social impazziscono con scherni di tutti i tipi: "Gli avevano detto fallo bene".
Per ben comprendere cosa si cela dietro un'opera del genere, vorrei fare delle mie considerazioni personali. Se è vero che l'arte è l'espressione di se, cosa è giusto proporre al pubblico? L'espressione di chi, e quale messaggio veicolare? Faccio un passo indietro. Se da un lato non tutte le espressioni sono condivisibili, è pur vero che nell'arte così come in qualsiasi altra forma artistica, esistono vari generi, che mirano a generare diverse emozioni. L'emozione diventa quindi un veicolo comunicativo di varia natura. E le emozioni non sono per forza positive, di amore o di fratellanza. L'intento dell'artista è quello di smuovere qualcosa e così come un film horror punti a generare pathos o paura, allo stesso modo un artista potrebbe voler suscitare altri tipi di emozione. La forma fallica in questione, che ricordiamo essere ampiamente utilizzata da etruschi e romani come portafortuna, nelle case e nelle tombe, qui assume una connotazione di scherno. L'artista come specchio della società. Una società che deve ricostruirsi su se stessa, accettando il diverso, che esiste nel momento in cui se ne parla. Esiste e cambia il mondo a piccole dosi, cambiando esso stesso.