Nel mare magnum degli artisti emergenti, in particolare italiani, vorrei spendere due parole per Matteo Nebuloni, che ho avuto il piacere di incontrare a Senigallia. Bisogna distinguere tra l'opera e l'artista. La distinzione è necessaria inizialmente e propedeutica alla successiva ricongiunzione, sotto una nuova luce. Ci si avvicina all'opera prima, e all'artista poi. Nel caso di Matteo, le sue opere surrealiste che prendono spunto dalla sua fantasia, costantemente alimentata dal mondo che lo circonda, rapiscono immediatamente l'attenzione. Non è un passaggio scontato. Si arriva a Matteo dall'opera. Si arriva a conoscere un ragazzo che mette nell'arte la propria vita e le sue esperienze per il mondo, filtrate dalla sua visione del mondo, o di un nuovo mondo immaginario, in cui il sogno ci apre porte nuove. I suoi quadri sono dinamici. Raccontano storie nuove. In comune con la mia pittura hanno la narrativa. Il mio è un espressionismo narrativo, il suo un surrealismo narrativo. Chiudere i nostri stili in due cassetti è ancora presto. Noi che facciamo della limpidezza del nostro essere, un vessillo importante. Arte e uomo arte. Essere nel colore. Ho conosciuto Matteo e ho ricollegato tutti i punti che dai suoi quadri mi hanno portato a lui, ripercorrendo il percorso al contrario e trovando tante verità che non conoscevo. Grazie Matteo.
Fa discutere l'ultima installazione pubblica di Gaetano Pesce. Tante le critiche rivolte alla sua forma fallica. I social impazziscono con scherni di tutti i tipi: "Gli avevano detto fallo bene".
Per ben comprendere cosa si cela dietro un'opera del genere, vorrei fare delle mie considerazioni personali. Se è vero che l'arte è l'espressione di se, cosa è giusto proporre al pubblico? L'espressione di chi, e quale messaggio veicolare? Faccio un passo indietro. Se da un lato non tutte le espressioni sono condivisibili, è pur vero che nell'arte così come in qualsiasi altra forma artistica, esistono vari generi, che mirano a generare diverse emozioni. L'emozione diventa quindi un veicolo comunicativo di varia natura. E le emozioni non sono per forza positive, di amore o di fratellanza. L'intento dell'artista è quello di smuovere qualcosa e così come un film horror punti a generare pathos o paura, allo stesso modo un artista potrebbe voler suscitare altri tipi di emozione. La forma fallica in questione, che ricordiamo essere ampiamente utilizzata da etruschi e romani come portafortuna, nelle case e nelle tombe, qui assume una connotazione di scherno. L'artista come specchio della società. Una società che deve ricostruirsi su se stessa, accettando il diverso, che esiste nel momento in cui se ne parla. Esiste e cambia il mondo a piccole dosi, cambiando esso stesso.
Penso che ognuno debba esprimere la propria voce interiore come meglio creda. Tolti i filtri, possiamo accedere ad una verità che è nostra. Che è parte della verità di tutti.